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Porta cipria, anni 30, da borsetta con fantasia floreale
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Narrare la femminilità di un tempo non significa assumere toni nostalgici o semplicemente parlare di estetica. Rievocare gesti di tempi in cui le donne erano decisamente meno libere di esprimersi rispetto ad oggi, gesti che permettevano loro di guadagnarsi delle piccole libertà e sentirsi più se stesse nel mondo, è un modo -un mio personale modo-di omaggiare queste nostre nonne, madri, bisnonne. Prendiamo Lucia, per esempio. Negli anni ’30, quando il mondo là fuori era incerto e spesso severo con le donne, lei aveva scelto questo piccolo cofanetto come si sceglie un rifugio. Tra i tanti in esposizione, fu proprio questa fantasia floreale a catturare il suo sguardo. Ogni mattina, prima di uscire, lo apriva con cura. Il gesto non era mai solo vanità: era un rito. Il tocco lieve della cipria sul viso non serviva a farsi bella, ma a farsi forte. Come se, impolverando la pelle di leggerezza, potesse costruirsi una corazza invisibile contro gli sguardi, i giudizi, le ombre della giornata. Questa cipriera era un po’ il suo portafortuna, il suo scudo gentile. Quasi ogni granello custodisse una possibilità: quella di poter affrontare il mondo con grazia, anche quando il mondo… non era gentile. Ora, questo piccolo oggetto di altri tempi attende una nuova storia: è memoria tascabile, che sa di fiori, specchi e piccoli coraggi quotidiani.






