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Porta cipria in Alpacca anni ‘40 cesellato con iniziali e specchio
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Era il tipo di oggetto che una donna raffinata avrebbe tirato fuori dalla borsetta con un gesto lento e misurato, durante una serata a teatro o davanti allo specchio di una sala da tè. Un portacipria compatto, splendidamente inciso a mano con piccoli fiori racchiusi in una griglia ordinata – quasi fosse un giardino geometrico d’altri tempi. Al centro, le iniziali G.A. incise con cura. Forse un regalo. Forse una scelta personale. Quelle lettere custodiscono un’identità dimenticata, un nome che ha attraversato i decenni per arrivare fino a noi come un sussurro. All’interno, uno specchio ancora integro – un po’ opaco, come uno specchio dei ricordi – e un secondo scomparto nascosto sotto una lastra finemente incisa, che un tempo proteggeva una cipria profumata di violetta o rosa. Un meccanismo semplice ma elegante, pensato per chi cercava funzionalità e bellezza. Realizzato in alpacca, questo oggetto nasceva per essere prezioso ma accessibile, e spesso veniva venduto come personalizzabile. L’incisione delle iniziali sembra infatti essere stata aggiunta successivamente, su richiesta, per trasformare un oggetto comune in qualcosa di unico e intimo. Non è solo un portacipria: è una finestra su un tempo in cui anche un gesto come incipriarsi il naso poteva avere grazia e ritualità.






