Rompicapo francese anni ‘20 con conf. Originale e istruzioni, “I cuori inseparabili”

Parigi, inverno del 1926. Lei aveva diciannove anni, la carnagione chiara come porcellana e lo sguardo di chi ha letto troppi romanzi senza aver mai vissuto davvero. Lui, qualche anno più grande, studiava ingegneria alla Sorbona. Lei lo amava in silenzio. Ogni giorno lo osservava sedersi nello stesso posto della biblioteca, appoggiare con cura i libri sul tavolo e mordersi il labbro mentre risolveva problemi che a lei sembravano misteri incomprensibili. Non le aveva mai rivolto la parola. Fu sua madre a suggerirle quel piccolo oggetto, trovato in una boutique della Rive Gauche: una scatolina blu cobalto, all’interno due cuori intrecciati di metallo leggero, e un foglietto che prometteva l’impossibile: separare l’inseparabile. “Glielo darai,” disse la madre, “e lui capirà.” Lo aspettò fuori dalla biblioteca, col cuore che batteva come le ali di un passero. Glielo porse con mani tremanti. Lui la guardò appena e disse: “non ne ho bisogno”, passando oltre. Lei rimase immobile. Il gelo della sera, il dono respinto e il silenzio della città che si allargava come un vuoto dentro il petto. Non gettò mai quella scatola, non per nostalgia, né per speranza. Ma perché ogni volta che provava a separare i cuori, ricordava esattamente come ci si sente quando il proprio resta incastrato in un amore che non ricambia. E così, per tutta la vita, i due cuori rimasero lì, nella loro trappola d’acciaio. Un piccolo enigma d’amore e d’orgoglio, custodito come una cicatrice lucida sul fondo di un cassetto.