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Occhiali pince-nez antichi 1890-1910
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Bordeaux, inverno del 1902.
Il notaio Émile Dubreuil entrò nel piccolo atelier al civico 2 di Rue des Combes con passo misurato e col cappotto ancora intriso di umidità. Fu accolto dal suono discreto del campanello. Dietro il bancone monsieur Labrotti, l’ingegnere ottico italiano naturalizzato francese, alzò lo sguardo dai suoi strumenti con un sorriso appena accennato. «Mi è stato detto che lei è l’unico in città capace di realizzare montature leggere e precise, ma soprattutto… eleganti.» Dubreuil era un uomo meticoloso, stimato nei tribunali e temuto nei consigli notarili. Scriveva a lungo ogni giorno, annotava codicilli e clausole con grafia minuta, esaminava testamenti alla luce del pomeriggio filtrata dalle persiane. Da tempo le sue lenti da scrivania non bastavano più. Cercava qualcosa che gli permettesse di leggere senza essere legato a un oggetto da tenere tra le mani. Labrotti ascoltò in silenzio, poi gli fece provare una montatura nuova, sottile, a cerchi rotondi, con una molla centrale invisibile che si adattava con leggerezza al naso. “È oro?” - chiese Dubreuil, scrutando il riflesso caldo del metallo.«Placcato. Ma durerà quanto un legame solido. È una scelta intelligente: discreta, ma di grande effetto.» Il notaio approvò con un cenno. Qualche giorno dopo, tornò a ritirare i suoi pince-nez su misura, custoditi in un astuccio rigido di pelle nera, personalizzato in doratura con l’indirizzo dell’atelier. Li indossò subito, e da quel giorno divennero una sua firma silenziosa: parte del suo volto, del suo rigore, della sua epoca.




