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Piano baby di primo ‘900 in porcellana bisquit
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C’è qualcosa di ipnotico nel modo in cui questa bambina in porcellana bisquit si abbandona al suo sogno silenzioso. Con il gomito puntato e la testolina reclinata sul palmo, sembra ascoltare una musica che solo lei sente — una melodia fatta di ricordi, o forse di attese. Il volto, dipinto con mano delicata, è un piccolo capolavoro di serenità: guance lievemente arrossate, occhi d’un azzurro nitido e sguardo assorto. I capelli, raccolti in morbide onde, incorniciano un’espressione pacata, quasi filosofica. L’abitino semplice e le gambette nude raccontano l’intimità domestica dell’infanzia di un tempo che fu, quando si sapeva restare fermi e sognare. Proprio come le sue simili, veniva chiamata “piano baby” — un termine nato per descrivere le graziose figurine che adornavano i pianoforti verticali delle case borghesi di fine Ottocento. Bambini in porcellana, seduti o sdraiati, che sembravano ascoltare le note, o perdervisi dentro. Servivano a decorare, a fermare i teli ricamati posati sui mobili, ma anche a raccontare un’epoca in cui l’arte e la dolcezza si cercavano anche nelle piccole cose. Senza la minima frattura, è sopravvissuta intatta a più di un secolo di vita, come se il tempo l’avesse solo sfiorata. Che sia su una mensola, sul comodino o sopra un vecchio libro, porterà con sé una dolcezza d’altri tempi. E forse, ogni tanto, ti chiederai anche tu: a cosa starà pensando?







